SHIATSU E SCRITTURA CREATIVA

Stavo semplicemente cercando degli esami clinici. Ho trovato una vecchia poesia visiva e mi è venuto in mente il mio shiatsuka: una porta chiusa e una aperta, ovvero come nasce la consapevolezza di sè e del mondo, come si apre una porta per entrare nella Vita. Io sono una fautrice della teoria di Michelangelo Buonarroti: tutto è già nella pietra, nulla avviene per caso. Da qui ho capito che quella poesia che in fondo tracciava i contorni del percorso verso la consapevolezza era stata scritta, seppur in modo inconsapevole, per il lavoro del mio Shiatsuka e stava aspettando proprio lui.

Ho iniziato a pensare ai simboli letterari, archetipi psicologici citati da Jung, come l’acqua per esempio che è considerata archetipo del liquido amniotico e quindi madre. Ma anche la terra, che è sempre madre e il cielo che è un po’ la divinità, considerata nel senso più ampio del termine, l’Universo. Ai suoni che vengono usati in modo consapevole in poesia. Al percorso creativo nel suo insieme, quello che riguarda la scrittura e che molto ha a che vedere con quello dello Shiatsu: impari la tecnica e la usi dimenticandola, sembra tutto legato alla spontaneità, ma in realtà è lavoro e impegno, solo che non appare palesemente nel risultato finale, ma solo nella poetica dell’artista. Ho riletto testi letterari e di shiatsu, ho trovato molte relazioni e pensato anche ai trattamenti. Alle risonanze tra i due, tra la scrittura e lo shiatsu. In fondo ambedue sono strumenti espressivi, maniglie per aprire la stessa porta. Una è più mentale e eterea, l’altro è più corporeo. I simboli poi, quelli utilizzati dai poeti ma anche, più in generale, dagli scrittori molto hanno a che vedere con lo Yin e lo Yang. Esempio principe è l’ossimoro, quello utilizzato in particolare da Eugenio Montale che unisce gli opposti (un aggettivo legato ad un sostantivo che esprime il suo contrario, ma anche due sostantivi) per dare maggiore forza espressiva al concetto, cioè al sostantivo stesso. Es: l’amore odio ecc ecc, cioè Yin e Yang appunto. Con la stessa valenza di essere uniti e contrapposti nella conplementarietà per dare circolarità all’espressione, ovvero maggiore forza, ovvero vita, ovvero energia. Oppure pensiamo al rapporto tra Zen e Haiku, che hanno comuni radici, di vita il primo e di espressione il secondo: scrive Basho “Antico stagno/ Un tuffo-una rana/Rumori d’acqua” (per gentile concessione di Massimo Beggio). Tre versi che possono sembrare monotoni, ma che possono anche indicare il movimento della stessa vita che nasce dal silenzio e che di silenzio si avvolge, oppure altro ancora a senconda della sensibilità di chi legge. Il mio punto di arrivo sono state le immagini, quindi poesia visiva, legate a qualcosa di Shiatsu, come l’addome di Masunaga. Mi piacciono i suoi colori, trovo che sia completo e armonico e questa è l’idea di fondo che la poesia vuole esprimere, anche sei nei particolari sono microcitazioni di Mtc. Tecnica: sul disegno a matita la linea viene sostituita dalle parole. Pennino e china. Metrica: versi liberi. Per arrivare al vero legame tra shiatsu e scrittura creativa: quello che le avanguardie degli anni ’60 hanno seguito quotidianamente, la performance. Gli artisti usavano il proprio corpo per narrare, dare forma e immagine alla propria poesia o testo. Questo e anche il suo contrario, cioe dalla corporeità alla parola.

Esiste un’altra cosa che accomuna lo shiatsu alla scrittura creativa ed è la funzionalità terapeutica che accomuna le due discipline. Entrambe “curano l’anima”. Pensiamo al caso di Esenin per esempio, un poeta russo che si è tolto la vita con ogni probabilità proprio perchè ad un certo momento non è più riuscito a scrivere. Ma non è il solo. La scrittura viene usata anche da molti psicoterapeuti con questo fine. Basti pensare ai diari. Per questo l’università La Sapienza ha organizzato a Roma a fine luglio un corso di scrittura creativa e shiatsu. Con lo scopo di far evolvere le capacità espressive e relazionali dei partecipanti. Se la scrittura è autoterapia, lo shiatsu ha bisogno di un “vettore” che è poi l’operatore. E’ anche vero che molti operatori iniziano proprio così, partendo da sè stessi. Roberto Alcide suggerisce di scrivere su un foglio il perchè si è iniziato a studiare shiatsu e andare a rivedere quanto scritto dopo un po’ di tempo per verificare cosa si è modificato. E del resto occorre stare bene per bene operare. Che non vuol dire che se ho il raffreddore non posso trattare, ma devo partire da me per poter arrivare all’altro. Inoltre, se si apre la zona franca, ovvero la bolla empatica tra operatore e ricevente, all’interno di essa si realizza quello che Breton e Sopault avevano definito “i campi magnetici”, qualcosa che assomiglia molto alla scrittura automatica. Basti pensare alla frase che spesso ripetiamo “le nostre mani sanno dove devono andare”. Ma io aggiungerei anche l’indagine sulla zona franca, se davvero è un momento di condivisione o se è un’altra delle illusioni che ci creiamo e che operatore e ricevente vivono in modo diverso. Basta pensare alla famosissima poesia di Ezra Pound interpretata in ogni qual si voglia maniera e che poi lui stesso ha detto essere stata ispirata dal “comodino rosso” che era vicino al suo letto.

C’è con una citazione di un poeta argentino sulla quale riflettere, è di Jorge Luis Borges: “Mi fa male una donna in tutto il corpo”.